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lunedì 19 febbraio 2018

MEN IN BLACK


Il primo a parlare di “uomini in nero” fu Albert K. Bender, un appassionato di paranormale di Bridgepoint (Connecticut) che nel 1952 fondò l’International Flying Saucer Bureau, di cui divenne membro l’ufologo Gray Barker. Barker, tra l'altro, fu colui che sparse la voce e creò il mito dei MIB.
In poco tempo la sua associazione arrivò a contare 1500 membri dislocati in ogni parte del mondo. Si occupavano di UFO, ma anche di fenomeni paranormali. In breve tempo, il suo archivio iniziò a riempirsi di fotografie, filmati e di vari reperti raccolti sui luoghi degli avvistamenti.
All’inizio di settembre del 1953 però accadde qualcosa che cambiò tutta la sua vita.
Bender ricevette un’insolita visita: tre uomini vestiti completamente in nero. I tre non andarono molto per il sottile e gli intimarono di  sciogliere la sua associazione. A quanto pare, furono molto convincenti perché l’uomo ne fu terrorizzato. Alcuni giorni dopo Bender seguì il “consiglio” degli uomini in nero e scrisse ai suoi soci queste parole: “Si consiglia a coloro che sono impegnati nel lavoro sui dischi volanti di essere molto cauti.”
Barker fece pressioni su Bender per capire perché mai l’uomo avesse chiuso l’associazione e addirittura avesse manifestato la decisione di non intraprendere più alcuna attività di ricerca. Alla fine, raccolse le informazioni in un libro dal titolo “They Knew Too Much About Flying Saucers”, in cui per la prima volta si parlava dei Men in Black.
Nel 1962 lo stesso Bender, spronato da Barker, scrisse un libro assieme a lui intitolato “Flying Saucers and the Three Men” in cui riprendeva il discorso degli uomini in nero e arrivava alla conclusione che fossero alieni venuti sulla Terra per procurarsi sostanze chimiche a loro indispensabili.
Il discorso dei MIB venne poi ripreso da molti ufologi, come i famosi contattisti George Adamski e George Hunt Williamson, che però tendevano a identificarli come “protettori” di un misterioso governo occulto.
 
 

A questo punto, per essere succinto, vi riporto uno dei casi più famosi ma anche uno dei più dettagliati.
Nel 1976 il fisico Herbert Hopkins viveva a Old Orchard Beach, nel Maine. Sebbene fosse uno scienziato, tra i suoi hobby figurava l’interesse per i dischi volanti. La sera dell’undici settembre gli giunse una telefonata molto strana: l’individuo si presentò come il rappresentante di un’organizzazione ufologica del New Jersey e gli chiese se aveva del tempo libero per discutere di alcuni casi di avvistamenti. Hopkins era molto contento di condividere delle informazioni e di riceverne altre, ma ad un certo punto gli fu posta una strana domanda: gli fu chiesto se fosse solo in casa e lui istintivamente rispose di sì.
Non fece nemmeno tempo ad abbassare la cornetta che l’uomo che lo aveva contattato bussò alla porta di casa!
“Anche se mi avesse telefonato dall’altra parte della strada o dalla porta accanto, non sarebbe riuscito ad arrivare così in fretta”. Disse Hopkins in un’intervista. Non ricordò come, ma l’uomo riuscì a convincerlo e a farlo entrare, nonostante il Dr. Hopkins fosse piuttosto inquieto.
“Indossava giacca e pantaloni neri, scarpe nere, calze nere, camicia bianca con una cravatta nera ed aveva anche una bombetta, nera. Persone vestite in quel modo non si vedono di frequente e pensai che fosse un becchino… Si sedette e si tolse il cappello. Era calvo come un uovo: non aveva né ciglia né sopracciglia. Era bianco come un cadavere, ma le labbra erano rosso brillante e la sua pelle sembrava quella di una bambola di plastica. La sua voce mi fece venire i brividi: parlava in modo inespressivo, ogni parola era scandita e non aveva alcun tono. Tutto ciò che diceva era meccanico e sembrava una sequenza di parole staccate, come se fossero state registrate su nastro da un computer.”
L’uomo vestito di nero chiese al dottor Hopkins di parlargli dei casi sui quali aveva investigato e di dirgli i nomi di eventuali colleghi delle sue ricerche.
“Se ne stava seduto senza fare il minimo movimento, con lo sguardo fisso sul mio volto e senza battere le palpebre. Aveva dei guanti di camoscio e ad un certo punto si è passato il dorso della mano sulla bocca lasciando una traccia rossa. Sulla sua guancia rimase una scia rossa e capii che aveva messo un rossetto. Poi ho notato che la sua bocca era una fessura senza delle vere e proprie labbra, come la bocca di un pupazzo… Lo strano individuo, prima di andarsene, lanciò questo oscuro messaggio: “La mia energia è agli sgoccioli, devo andarmene. Arrivederci“.
Soltanto quando l’ospite si allontanò barcollando, Hopkins trasalì, finalmente cosciente della stranezza di quella visita inaspettata. Dopo quell’inquietante incontro, preferì distruggere tutti i documenti che possedeva sugli UFO e per molti anni non raccontò nulla a nessuno. 
 
 
A parte alcune anomalie, la descrizione del misterioso visitatore coincide con quella dei famigerati Uomini in Nero o MIB, esseri esteriormente umani eppure chiaramente alieni che, pare, abbiano l’abitudine di minacciare i testimoni o gli studiosi degli UFO. Dalla fine degli anni ’50 il fenomeno MIB si è affiancato a quello degli avvistamenti generando un mito che ha dato vita a numerose pubblicazioni oltre che a diverse pellicole cinematografiche. Gli ufologi hanno studiato oltre trenta presunte visite di MIB. Sebbene in certi casi si tratti di individui pallidi come quello descritto da Hopkins, di solito i MIB hanno la pelle olivastra, gli occhi a mandorla e l'aspetto dello straniero. Anche se possono comparire da soli, di norma viaggiano in tre. Quasi tutti sono accomunati dal funereo abbigliamento fresco di bucato. Alcuni parlerebbero con inflessioni particolari, usando un linguaggio inappropriato, perché eccessivamente formale oppure insopportabilmente gergale.
In base alle testimonianze raccolte, i MIB sembrano degli automi e non si mostrano né cordiali né malvagi. Eppure, hanno un che di minaccioso. Alcuni, come quello che avrebbe fatto visita a Hopkins, mettono paura con la sola presenza, altri intimoriscono la vittima formulando oscure minacce, anche se nessuno si è mai lamentato di aver subito violenze. In ogni caso, il compito dei MIB sembrerebbe quello di scoraggiare la divulgazione di notizie di incontri ravvicinati o la raccolta di informazioni in merito. Una vecchia teoria, ormai desueta, li identificava con funzionari governativi decisi ad insabbiare la verità sugli alieni. Oggi sono in molti a pensare che le visite dei MIB non siano solo fantasie di complottisti, ma si tratterebbe di incontri reali vissuti da persone che, direttamente o indirettamente, sono state coinvolte in casi ufologici.

1 commento:

  1. Il primo a parlare di “uomini in nero” fu Albert K. Bender che nel 1952 fondò l’International Flying Saucer Bureau.
    Si occupavano di UFO, ma anche di fenomeni paranormali. In breve tempo, il suo archivio iniziò a riempirsi di fotografie, filmati e di vari reperti raccolti sui luoghi degli avvistamenti.
    All’inizio di settembre del 1953 però accadde qualcosa che cambiò tutta la sua vita.
    Bender ricevette un’insolita visita: tre uomini vestiti completamente in nero. I tre non andarono molto per il sottile e gli intimarono di sciogliere la sua associazione. A quanto pare, furono molto convincenti perché l’uomo ne fu terrorizzato. Alcuni giorni dopo Bender seguì il “consiglio” degli uomini in nero e scrisse ai suoi soci queste parole: “Si consiglia a coloro che sono impegnati nel lavoro sui dischi volanti di essere molto cauti.”

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