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domenica 31 dicembre 2017

PIOGGIA ROSSA


Il 2001, fu caratterizzato da un insolito fenomeno meteorologico: una pioggia dal color rosso sangue. Per spiegare l’avvenimento diversi scienziati compirono studi approfonditi su campioni di pioggia raccolti. Dalle ricerche risultò che la colorazione rossa era causata dalla presenza di cellule viventi sconosciute, che non sembravano di origine terrestre.
 
Il fenomeno della pioggia rossa fu osservato in più occasioni, in un arco di tempo che va dal 25 Luglio al 23 Settembre 2001. Il luogo dove si concentrarono la maggior parte delle precipitazioni fu localizzato nello stato indiano di Kerala, più precisamente nel distretto di Kottayam. I testimoni riferirono di aver udito, subito prima che incominciasse a piovere, un fragoroso tuono, accompagnato da un lampo di luce. Nei boschi circostanti, inoltre, furono osservate vaste aree in cui le foglie erano avvizzite e avevano assunto una colorazione grigio cenere.
La pioggia rossa era di solito molto localizzata, si presentava sempre in aree non più grandi di un chilometro quadrato (a volte addirittura circoscritte a qualche metro). Al di fuori dell’area interessata cadeva pioggia normale. La durata del fenomeno non era mai superiore ai venti minuti e l’intensità della colorazione della pioggia era variabile. In taluni casi l’acqua era talmente colorata da macchiare i vestiti come fosse sangue.
 
Il colore era dovuto a particelle non identificate in sospensione dell’acqua. Inizialmente, i ricercatori del Centre for Earth Science Studies (CESS) pensarono che la pioggia rossa fosse dovuta alla disintegrazione di un meteorite nell’atmosfera, successivamente, quando vi furono altre precipitazioni anomale nella stessa zona, abbandonarono questa teoria e comunicarono alla stampa, coadiuvati dal Tropical Botanical Garden and Research Institute (TBGRI), che le particelle dovevano essere spore, ovvero cellule disidratate in grado di diffondersi nell’aria e generare un essere vivente una volta trovato un habitat adeguato (come fanno, ad esempio, i funghi). Il Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Governo indiano appoggiò questa tesi e commissionò al CESS e al TBGRI un rapporto che fu successivamente rilasciato nel Novembre del 2001. Tale rapporto identificava le misteriose particelle come spore di alghe, fatte poi sviluppare in un terreno di coltura in alghe lichen-forming del genere Trentepohlia. Secondo il rapporto, inoltre, nella pioggia non erano presenti polveri meteoritiche, desertiche o vulcaniche e che non vi erano nemmeno sostanze industriali inquinanti. La spiegazione fornita dai ricercatori identificava la causa in una spropositata crescita di licheni nei boschi circostanti. Questi licheni avrebbero poi liberato un’enorme quantità di spore nell’atmosfera, responsabili dell’insolita colorazione dell’acqua.
 
Tale spiegazione, tuttavia, non convince: non esiste infatti nessun meccanismo conosciuto che possa rendere possibili una tale dispersione delle spore e il loro assorbimento da parte delle nuvole. Altre stranezze vennero a galla dall’analisi dei sedimenti delle piogge rosse: gli scienziati che analizzarono i campioni rimasero sorpresi dalla presenza di alluminio, poiché l'alluminio, normalmente, non è presente nelle cellule viventi. Inoltre, era bassissimo il contenuto di fosforo, elemento che gioca un ruolo chiave nella biologia terrestre, sia come responsabile dalla maggior parte di scambi energetici, che come regolatore proteico. In genere è presente ad alte concentrazioni nelle membrane biologiche. Furono rilevati anche diversi metalli pesanti quali titanio, rame, nickel, manganese e cromo.
 
Nel 2003, la questione delle piogge anomale di Kerala fu portata nuovamente all’attenzione dei mass media grazie alla sconcertante teoria proposta da Godfrey Louis e Santhosh Kumar della Mahatma Gandhi University di Kottayam. I due ricercatori proposero una possibile origine extraterrestre delle misteriose cellule. A sostegno dell’ipotesi vi era il fatto che tali cellule non presentavano DNA, cosa mai riscontrata nelle forme di vita terrestri. Inoltre, è provato che quelle cellule avviavano il loro ciclo di riproduzione a temperature vicine ai 300 gradi centigradi, mentre i batteri ipertermofili terrestri (del dominio degli Archea) resistono, al massimo, a 120 gradi centigradi.
Il dottor Godfrey Louis mandò a J. Thomas Brenna, che lavorava alla Divisione Nutrizionale della Cornell University, dei campioni della pioggia rossa per ottenere un’analisi più approfondita dell’attività biochimica delle cellule. L’analisi allo spettrometro di massa per la concentrazione degli isotopi rilevò un valore per gli isotopi dell’azoto del 5.9 per mille, che rientra nella norma degli organismi terrestri. Il valore del carbonio era del 16 per mille, che è considerato un valore abbastanza alto per gli organismi più evoluti, ma è compatibile con un organismo marino o vegetale che utilizza la via fotosintetica del C4. Il post potrebbe concludersi qui, in quanto sono stati già illustrati tutti gli elementi della vicenda.  Prosegue, riportando l’opinione di alcuni esperti esperti e il risultato di approfondite analisi di laboratorio: ne consiglio la lettura  a chi volesse  approfondire l’argomento.
 
Sono state condotte indagini più accurate sulle cellule di Kerala da parte del microbiologo Milton Wainwright, della Sheffield University, che ha dichiarato di aver trovato il DNA grazie a marcatori fluorescenti (DAPI), ma l’astronomo Chandra Wickramasinghe, grande sostenitore della panspermia (la teoria secondo cui la vita sulla terra si è originata dallo spazio) e docente alla Cardiff University, non è riuscito ad isolarlo e moltiplicarlo mediante PCR (reazione a catena della polimerasi), inoltre queste ultime fonti affermano di aver identificato mediante microscopia elettronica membrane e organuli cellulari, anche se le cellule non mostrano un nucleo definito. Ciò concorda con la dimensione di 7 micron che è quella delle cellule procariotiche che non presentano un involucro nucleare netto, ma il materiale genetico è ammassato nel citoplasma.
In vari periodi storici, sono state registrate molti tipi di piogge anomale, come le piogge di animali o di pesanti blocchi di ghiaccio (Cfr. su questo sito: PIOGGE PRODIGIOSE e BOLIDI DI GHIACCIO), i meccanismi responsabili di queste piogge non sono ancora del tutto chiari, ma la presenza di cellule viventi è ormai incontrovertibile.
 
La teoria della panspermia tira in ballo le comete. Le comete sono formate principalmente da ghiaccio e seguono orbite ellittiche che le portano vicino al sole (e quindi alla terra) solo una volta ogni centinaia o migliaia di anni. L'esplosione udita poche ore prima del fenomeno dai residenti del villaggio di Changanasserry, nel distretto di Kottayam, accompagnata da un lampo di luce, avrebbe potuto essere causata dalla disintegrazione di una piccola cometa entrata nell'atmosfera terrestre. Il materiale contenuto nel nucleo della cometa si sarebbe quindi sparso nell'atmosfera per poi cadere sotto forma di pioggia. Il punto debole di questa teoria sta nel fatto che le piogge rosse siano avvenute ripetutamente, per molti giorni e solo in un’aria molto circoscritta. 
 
Sono molte le ipotesi che si potrebbero fare riguardo a tale evento, afferma il Dott. Marco Lo Presti, Biotecnologo, tuttavia la complessità ed il numero di variabili in gioco rende difficile trovare la risposta, visto che il caso racchiude implicazioni, oltre che biologiche, chimiche, metereologiche, geologiche, botaniche, astronomiche e fisiche. L'ipotesi dell'inquinamento dei campioni non è da scartare visto che, oltre il banale inquinamento atmosferico e le spore fungine delle foreste circostanti, ci potrebbe essere una contaminazione da parte di polvere interstellare, che grazie agli studi e alle osservazioni di Hoyle e Wickramasinghe, sappiamo contenere porfirina, una molecola eterociclica aromatica che forma complessi di coordinazione con molti metalli, che potrebbero essere il magnesio, il ferro (molte specie biologiche terrestri sono costituite da un anello protoporfirinico coordinato dal ferro e dal magnesio e sono largamente presenti sulla terra rispettivamente in emoglobina e clorofilla) e forse, anche l’alluminio (non presente nelle specie biologiche terrestri conosciute ma rilevato nei campioni di Kerala). Inoltre, la porfirina (dal greco porphyrá, cioè porpora), potrebbe essere l’unica responsabile della colorazione rossa delle piogge anomale e l'inquinamento potrebbe essere anche il responsabile del tanto difficoltoso riconoscimento del DNA. Tuttavia, se effettivamente mancasse il DNA e il codice genetico fosse presente in un'altra forma, tali cellule sarebbero quasi sicuramente di origine extraterrestre poiché le bassissime temperature che si ritrovano nel nucleo di una cometa, garantirebbero lo stato di quiescenza di un organismo particolarmente adatto a vivere in condizione di spora o simile.
 
Tale teoria trova i suoi principali sostenitori in Godfrey Louis e A. Santhosh Kumar, che hanno raccolto campioni di pioggia rossa in diversi siti. I due scienziati hanno dichiarato che le particelle hanno senza dubbio una natura biologica. Secondo le loro analisi, gli scienziati hanno determinato che le cellule hanno un diametro variabile da 4 a 10 micrometri e sono dotate di una forma ovale o sferica. Hanno appurato che un millilitro di pioggia conteneva circa 9 milioni di cellule: il peso delle particelle per ogni litro di pioggia si aggirava intorno ai 100 milligrammi. Secondo questi dati, a Kerala sarebbero cadute qualcosa come 50 tonnellate di cellule. Louis e Kumar hanno effettuato dei test per cercare di identificare il DNA, ma il riscontro è stato negativo. Milton Weinwright, invece, studioso di spore stratosferiche, ha riscontrato una similitudine con le spore di urediniomiceti, un particolare tipo di funghi.
Alcuni sostenitori della panspermia affermano che queste cellule potrebbero appartenere, tassonomicamente, al cosiddetto proto-dominio (in inglese proto-domain), cioè un dominio di organismi estremofili di origine sconosciuta (e probabilmente extraterrestre o ancestrale) che tuttavia condividono certi aspetti di quelli terrestri: metabolismo, omeostasi, organizzazione, crescita, adattamento, riproduzione e risposta agli stimoli.

sabato 23 dicembre 2017

LO SPIRITO DELL'ACQUA


Questa è la storia di Don Decker, che divenne noto come Rain man, “L’uomo della pioggia”. Il 24 febbraio 1983 a Stroudsburg in Pennsylvania, moriva, James Kishaugh, il nonno di Don. Mentre in famiglia si piangeva il lutto, egli si sentì sollevato: nessuno sapeva che James aveva abusato fisicamente di Don quando era un bambino.

 

Don Decker era in carcere in quel momento, ma gli fu concesso di partecipare al funerale e di passare alcuni giorni con la propria famiglia. Quel senso di pace, tuttavia, non era destinato a durare a lungo. Al termine dei funerali, fu invitato a passare la notte a casa di Bob e Jeannie Keiffer, due amici di famiglia. Più tardi, quella stessa sera, Don cominciò a percepire che qualcosa non andava. Un profondo brivido iniziò ad afferrarlo e l’uomo cadde rapidamente in uno stato di trance. I Keiffer rimasero sorpresi notando che dell’acqua stava gocciolando dal soffitto e dalle pareti del soggiorno. Chiamarono subito Ron Van Why, il loro padrone di casa: l’unico che poteva capire se c’era qualche problema con le condutture dell’acqua. Ma Ron non aveva risposte perché sapeva per certo che i tubi dell’acqua non passavano in quelle pareti. Nel frattempo, la perdita stava peggiorando, iniziando a salire attraverso le pareti fino al soffitto. Incerto su cosa fare, Ron chiamò anche la polizia. Il commissario Richard Wolbert fu il primo ad arrivare, entrò in casa e in pochi minuti ne uscì completamente inzuppato. Nel referto scrisse le seguenti parole: “Eravamo appena entrati dalla porta principale e abbiamo visto questa goccia d’acqua che viaggiava orizzontalmente, passò tra di noi e andò nella stanza accanto”. L’agente John Baujan, l’altro testimone, affermò: “Ho letteralmente avuto un brivido lungo la schiena che mi ha fatto drizzare i capelli. Ecco come mi sentivo. Stavano accadendo delle cose che non avrei neanche potuto immaginare e non c’era modo di spiegarle”.

 

Mentre i poliziotti cercavano di dare un senso a tutto ciò, notarono la strana condizione di Don. Pensando a un malore, chiesero ai Keiffers di allontanarlo da casa, così lo portarono in una pizzeria poco distante. Non appena i Keiffer e Don uscirono, tutto tornò alla normalità e Ron cominciò a chiedersi se uno dei Keiffers o Don non fosse, in qualche modo, responsabile di quell’incidente. Pam Scrofano, il proprietario della pizzeria dove si recarono, fu l’ennesimo testimone di quegli incredibili fatti. Dopo che gli ospiti si sedettero, la stessa bizzarra cosa cominciò ad accadere anche lì, in pizzeria. L’acqua iniziò a cadere sulle loro teste e si sparse sul pavimento. Pam, un uomo molto religioso, sospettò immediatamente che Don fosse posseduto, quindi prese con sé un piccolo crocifisso e lo appoggiò sulla pelle di Don che reagì con urla di dolore. Il crocifisso aveva lasciato su di lui un segno, come una bruciatura. A questo punto non era più possibile restare in pizzeria, dunque tornarono tutti a casa. Ovviamente quando se ne andarono i fenomeni cessarono.

 

Alla residenza dei Keiffer, il proprietario Ron Van Why e sua moglie Romayne incrociarono i Keiffer e Don mentre ritornavano a casa. La pioggia tornò non appena Don entrò nella residenza, ma stavolta anche le pentole e le padelle cominciarono ad assumere comportamenti strani, infatti sbattevano in cucina. Era troppo! Ron e Romayne accusarono Don di danneggiare la loro proprietà. I due erano convinti che fosse l’uomo a causare tutto ciò anche se non riuscivano a capire come. Dopodiché le cose presero una piega drammatica e violenta. Don si sentì sollevare da terra e fu spinto con forza contro il muro da una forza invisibile. Nel frattempo, gli agenti Baujan e Wolbert erano tornati alla casa dei Keiffer con il loro capo. Incapace di identificare l’origine di quello che sembrava un assurdo gioco di prestigio, il capo disse ai suoi agenti che, in fondo, si trattava di un problema idraulico e che non riguardava la polizia. Ma sappiamo che i due agenti, forse spinti dalla curiosità, ignorarono queste indicazioni e tornarono il giorno seguente per vedere come andavano le cose. A loro si unirono altri due poliziotti, Bill Davies e il tenente John Rundle. Quando arrivarono alla casa, furono sollevati nel notare che tutto sembrava normale, quindi Bill Davies condusse un esperimento mettendo una croce d’oro tra le mani di Don. L’agente annotò che Don sentiva la croce bruciare tra le mani, dunque la riprese e la descrisse come “estremamente calda”. Gli agenti di polizia videro poi Don levitare ancora una volta e finire contro un muro. Il tenente John Rundle, in seguito, così descrisse quel momento: “Tutto d’un tratto si sollevò da terra e volò attraverso la stanza spinto da una forza invisibile. Era come se un autobus lo avesse colpito. C’erano tre segni di artigli sul lato del suo collo che sanguinavano. Ancora oggi non so come spiegarlo”.

 

Ron Van Why cominciò finalmente a pensare che Don non stava causando tutto ciò intenzionalmente e decise di aiutarlo interpellando ogni predicatore di Stroudsburg. Alla fine, uno solo accettò di intervenire. Mentre pregava insieme a Don, quest’ultimo fu vittima di violente convulsioni, ma più pregavano e più Don si calmava. Quando tutto finì, Don sembrava ritornato di nuovo in sé e quella fu l’ultima volte che piovve in quella casa. Il permesso di cui Don godeva finì e lui tornò in prigione. Mentre era nella sua cella, cominciò a chiedersi se veramente era in grado di controllare la pioggia e non appena iniziò a pensarci, il soffitto e le pareti della cella iniziarono a gocciolare. Dunque la sua domanda ebbe una risposta: poteva farlo! La guardia di turno alla prigione non fu affatto felice di vedere dell’acqua che stava allagando la cella e ovviamente non gli credette quando lui gli rivelò che la stava controllando con la sua mente. Sfidò sarcasticamente l’uomo dicendogli che ora avrebbe dovuto mostrare questi suoi “poteri” al direttore. Quindi lo accompagnò fino all’ufficio del direttore presidiato in quel momento, dal tenente David Keenhold. Don si guardò intorno come per ispezionare la stanza, poi i suoi occhi puntarono il tenente. A quel punto gli disse di guardare la sua maglietta poiché era fradicia. Il direttore vide comparire, proprio dal centro dello sterno, una macchia d’acqua larga circa dieci centimetri. Era spaventato. Anche la guardia era spaventata poiché nessuno dei due sapeva spiegarsi quello che stava accadendo.

 

Il tenente Keenhold, comunque, decise di chiamare un suo amico, il reverendo William Blackburn, chiedendogli urgentemente di assistere Don Decker. Dopo essere stato informato su tutto ciò che era accaduto, il reverendo accusò Don di essersi inventato tutto: questo lo fece arrabbiare. Dunque la sua cella si impregnò di un forte odore acre. Alcuni testimoni lo descrissero come un forte odore di morte. La pioggia riapparve di nuovo. Il reverendo la descrisse come una pioggia nebbiosa: la pioggia del Diavolo! Capì finalmente che non si trovava di fronte a un millantatore e cominciò a pregare per Don. Si sedette in quella cella e pregò per ore. Quando la pioggia si fermò, Don scoppiò in lacrime. Il Fenomeno non si manifestò mai più. Don si confidò con il prete, confessando che suo nonno, che da piccolo lo aveva tormentato, probabilmente, aveva avuto la possibilità di farlo anche quando non era più in vita. Tutto ciò che voglio – disse - è stare in pace.

 

Nell’ottobre del 2012, Don Decker è stato accusato di aver appiccato un incendio in un ristorante di Tobyhanna, in Pennsylvania. C’è da pensare che, probabilmente, non ha ancora trovato quella pace che ha tanto cercato.

lunedì 11 dicembre 2017

LAVORARE ALL'ESTERO


Riprendendo e approfondendo un mio articolo apparso di recente su FB (Cfr. Potrei fare il netturbino!) vorrei riproporre l’argomento, ampliandolo. In questo post tratteremo dei lavori maggiormente ricercati all’estero.
Chi ha studiato ingegneria informatica può trovare lavoro anche a San Francisco, perfino con una laurea breve: c’è un enorme divario tra domanda e offerta nel campo della programmazione. Ci sono ragazzi italiani che a 22 anni guadagnano anche 160 mila dollari l’anno.
Quella di infermiere è una professione molto ricercata: all’estero, non è difficile trovare lavoro. La domanda è molto forte. Nei paesi sviluppati nessuno vuole farlo e ci sono intere colonie di infermieri italiani in Inghilterra. Anche di medici c’è carenza: in paesi come la Cina ci sono ospedali popolati da medici italiani, ma in tutto il mondo si importano dottori.
Un altro settore buono è quello alberghiero: le grandi catene internazionali, come Four Seasons e Hyatt, sono piene di italiani.
Andando sul pesante, nel campo delle biotecnologie e della ricerca scientifica le opportunità tra università e aziende di prestigio non mancano.
Infine, c’è il filone alimentare: esportazione e distribuzione di cibo e vini.
 
Che cosa bisogna studiare? Fisica, chimica, ingegneria, matematica, medicina: se studiate queste materie potrete sperare di trovare un lavoro come si deve. Anche i tecnici, quelli bravi, possono trovare l’azienda americana che li assume.
Per quelli, invece, che hanno studiato materie poco spendibili all'estero, come legge e non parlano inglese, diventa un problema serio.
Bisogna pensare a cosa si vuole fare già a 14 anni o, meglio, deve pensarci la famiglia. Se il figlio è bravo negli studi, deve incoraggiarlo a studiare le materie giuste, quelle scientifiche. Altrimenti, meglio indirizzarlo verso la scuola alberghiera, farlo studiare da enologo o da infermiere.
Quanto alle lingue, è importante studiare l’inglese, impararlo sin da piccoli. Senza non si va da nessuna parte.
 
Certo, meglio ancora sarebbe poter restare e lavorare qui ma, in Italia, purtroppo mancano le aziende strategiche per il futuro: niente elettronica, niente biotecnologie, internet l’abbiamo mancata del tutto: l’unica azienda italiana di rilievo nell’online è Yoox. Energie alternative niente, intelligenza artificiale niente!
Al centro di ogni sistema innovativo ci deve essere un’università: a Boston c’è il MIT, nella Sillicon Valley la Caltech e Stanford. Intorno si formano start up, arrivano le aziende, gli investitori, le banche. Insomma, da noi manca tutto, manca proprio il sistema adatto a creare le aziende.

venerdì 1 dicembre 2017

L'UOMO DEL SIMILAUN


Ötzi è la mummia più nota come “L’uomo venuto dal ghiaccio” o “Mummia del Similaun”. Sembra che questa persona sia vissuta sulla Terra più di 5.000 anni fa e una leggenda vuole che abbia portato molta sfortuna a tutti coloro che hanno avuto a che fare con l’interruzione del suo lungo riposo. La storia della presunta maledizione, in realtà, potrebbe essere solo una serie di sfortunate coincidenze, mentre la cosa più curiosa e interessante della Mummia di Ötzi è la sua stessa storia.
 
Si tratta di una mummia naturale, ritrovata nel 1991. Un cadavere mummificato quasi perfettamente e conservato fra i ghiacci del Similaun, un monte che si trova fra le alpi Venoste in Alto Adige. Dalle analisi risulterebbe un cacciatore dell’età del bronzo, un uomo di circa 46 anni con abiti di pelliccia, scarpe in pelle, arco e frecce. Si pensa sia vissuto tra il 3350 e il 3100 a. C. e probabilmente, fu ucciso perché dai segni evidenti sul suo corpo si intuisce che era in fuga da degli aggressori. Infatti mostra tagli sulle mani, ai polsi e al petto, ha la punta di una freccia conficcata nella spalla e i segni di un colpo sulla nuca. La mummia è stata scoperta e riportata alla luce da due turisti tedeschi Erika e Helmut Simon durante un’escursione. Stavano camminando presso il passo Hauslabjoch, che si trova a circa 3.000 metri di quota quando notarono la testa e la spalla di una persona che sbucavano dal ghiaccio. Incuriositi, ma spaventati dal fatto che poteva trattarsi di un moderno escursionista, avvertirono le autorità. Un’analisi del DNA del sangue rinvenuto sui suoi indumenti e sulle sue armi, portarono anche a concludere che si era scontrato con almeno quattro persone prima di morire, dato che furono riscontrate tracce ematiche di diversi individui: una sul suo coltello, due sulla punta di una freccia e una quarta sul suo mantello. Forse altri quattro cacciatori come lui.
 

Ötzi, tra l’altro, porta diversi segni sulla sua pelle i segni indelebili di ben sessantuno tatuaggi. Essi consistono in punti, linee e crocette posizionati maggiormente dietro al ginocchio sinistro, nella parte inferiore della colonna vertebrale e sulla caviglia destra. Non è ancora chiaro quale tecnica avesse utilizzato per imprimersi questi segni o perché avesse scelto quei particolari posti, ma molti ipotizzano che furono realizzati con delle piccole incisioni poi ricoperte con carbone vegetale. Dato che ai suoi tempi i tatuaggi, come ogni segno di distinzione, avevano un significato e una funzionalità pratica, molti storici si chiedono se l’uomo di Similaun fosse uno sciamano. Questo spiegherebbe anche la quantità di funghi allucinogeni che portava nella sua borsa. Altri, invece, credono che la loro funzionalità fosse solo quella di ricordare i punti di pressione in cui doveva essere praticata un’antica tecnica di agopuntura poiché le posizioni dei tatuaggi corrispondono proprio a quei punti in cui ancora oggi viene praticata questa tecnica per il sollievo dal dolore. Ipotesi questa rafforzata dal fatto che dagli esami radiologici gli studiosi hanno trovato forme di artrosi proprio in quei punti, ma come faceva ad avere tutte queste conoscenze un uomo vissuto più di 5.000 anni fa?
 
Questa incredibile mummia nasconde misteri molto interessanti che potrebbero ancora una volta spingerci a dubitare e rivalutare delle nostre origini. Ötzi ora si trova al museo archeologico dell’Alto Adige, a Bolzano, insieme ad altre scoperte fatte nella zona. Se vi capita di passare nelle vicinanze, potreste andare a vederlo.