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domenica 2 luglio 2017

MALASANITÀ


 

Per fare un esame medico devi aspettare mesi in lista d'attesa, ma se paghi puoi farlo anche domani. È diventato quasi normale trovarsi in una situazione del genere prenotando visite ed esami con il Servizio Sanitario Nazionale.
Quello stesso SSN che il mondo ci invidia per le sue eccellenze, ma che rischia sempre più di perdere il suo valore fondante: la tutela della salute come diritto, da garantire a tutti in modo equo e non come bene da acquistare.

L'ALTERNATIVA DI CUI NESSUNO PARLA
Basta conoscere i tempi d’attesa per capire che c’è qualcosa che non va. Eppure, per le prime visite specialistiche ed esami diagnostici sono previsti tempi massimi di attesa: rispettivamente di 30 e 60 giorni. Che non vengano rispettati, lo si vede ogni giorno agli sportelli, spesso senza essere informati dell’alternativa che da il diritto, se non c'è posto, a un appuntamento, nei tempi previsti, in intramoenia, cioè con il medico dipendente della struttura, ma in regime libero-professionale: pagherà l’Azienda sanitaria e il paziente dovrà versare solo il ticket. Lo prevede una legge dal 1998, ma raramente, allo sportello, se lo ricordano.
Le ragioni alla base delle infinite liste d’attesa, tra tagli e inefficienze, sono tante. Ad esempio, non dappertutto c’è ancora un Centro Unico di prenotazione (Cup) a cui rivolgersi e che vede i primi posti liberi negli ospedali della zona e smista i pazienti tra i vari centri. Alla mancanza di informatizzazione, si aggiunge il fenomeno della mobilità sanitaria che vede tanti cittadini spostarsi verso le regioni più efficienti: un fenomeno che riguarda soprattutto il Sud e che, se da un lato è causato anche dalle lunghe liste d’attesa da cui si tenta la fuga, dall’altro contribuisce a squilibrarle ancora di più. E con costi elevati per i rimborsi milionari che varie Regioni del Sud devono soprattutto a Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, che hanno curato i loro residenti. Così sempre più soldi finiscono nelle casse delle aree più virtuose, sempre meno ne restano in quelle più povere, in cui c'è già meno prevenzione ed efficienza in cui le liste d'attesa non potranno che risentirne e dove, chi non si sposta per curarsi, alla fine si rivolge sempre di più al privato: un cane che si morde la coda.
Come se non bastasse, a tutto ciò si aggiunge l’inappropriatezza di tante prescrizioni: troppi esami inutili, prescritti per paura delle denunce dei pazienti o per un’insana abitudine, intasano i già affaticati centri di prenotazione, insieme ai tanti malati cronici, in forte aumento in un paese di anziani come l'Italia.
In molti hanno puntato il dito contro l’intramoenia, l’attività privata svolta dai medici dipendenti dentro le mura del sistema pubblico a tariffe concordate con la ASL, che trattiene parte dell’incasso. È palesemente un conflitto di interessi da abolire poiché, nata come possibilità in più, si è poi trasformata in una alternativa obbligata per via delle lunghe liste di attesa. In realtà, su queste lunghe liste di attesa ci guadagna anche la sanità privata a cui, alla fine, si ci si rivolge sempre di più pur di curarsi in tempi ragionevoli. Oltretutto, tra ticket e superticket, la spesa ha raggiunto cifre tali da rendere i privati sempre più competitivi.
In questo contesto, i pazienti non potranno che scegliere sempre più il privato, che da un lato è un sostegno utile, ma dall'altro erode sempre più risorse al servizio pubblico, condannandolo al declino.

ELIMINARE TICKET E SUPERTICKET?
Abolirlo, come si sta pensando di fare, sarebbe un buon inizio.
L'ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, aveva ventilato l'ipotesi di eliminare anche il ticket, ma dato che il SSN, per il 23% della spesa, si appoggia sul contributo dei pazienti, tutto fa pensare a pura propaganda. Tuttavia, quando nel 2011 il ministro Umberto Veronesi provò a eliminare i ticket per i farmaci, in pochi mesi ci fu un'impennata della spesa dello Stato del 30%, con consumi fuori controllo: si dovette tornare indietro.
Infine, pesano le esenzioni dal pagamento del ticket, che riguardano ben il 70% delle prestazioni. Oggi, ad esempio, anche un miliardario, per curarsi il diabete, non paga nulla per visite e farmaci. Da tempo gli esperti si chiedono quanto questo possa reggere, visto che il primo effetto è che chi, invece, deve pagare finisce per pagare troppo e nella peggiore delle ipotesi, rinuncia alle cure.

1 commento:

  1. Per le prime visite specialistiche ed esami diagnostici sono previsti tempi massimi di attesa: rispettivamente di 30 e 60 giorni. Che non vengano rispettati, lo si vede ogni giorno agli sportelli, spesso senza essere informati dell’alternativa che da il diritto, se non c'è posto, a un appuntamento, nei tempi previsti, in intramoenia, cioè con il medico dipendente della struttura, ma in regime libero-professionale: pagherà l’Azienda Sanitaria e il paziente dovrà versare solo il ticket.

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