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venerdì 23 giugno 2017

LE ALI DELLA LIBERTA'



Se credete che facebook sia il posto delle cazzate, allora lasciate perdere: questo post non fa per voi. Scegliete di leggere un altro blog o andate su un altro gruppo: ve ne potrei suggerire uno che fa parlare i dinosauri. Questi fanno battute ironiche che non farebbero neanche tanto ridere se non fosse che è un dinosauro a dirle.


La storia che sto per raccontarvi è quella di un uomo che per aver, giustamente, espresso le sue idee sul web è stato CONDANNATO A MORTE!


È successo a una persona che vive in un paese come ce ne sono tanti, nell’Africa sub-saariana. In questo paese, la Mauritania, la popolazione è divisa fondamentalmente in tre caste; quella elevata, di origine araba, è formata da elementi del clero e detiene anche il potere politico. Seguono i lavoratori, soprattutto artigiani e agricoltori e infine gli schiavi. Sì, avete capito benissimo: schiavi. Nel 2017! Perché in un paese retto da una repubblica islamica è possibile anche questo giacché l’unione del potere politico e di quello religioso produce una commistione infausta che non solo permette la schiavitù, ma addirittura la giustifica.


Eppure, in tutto questo marasma, qualcuno si accorge che certe regole semplicemente non esistono: scaturiscono solo da un’inopportuna interpretazione dei libri sacri. Non è una questione puramente islamica (come ho detto sin dall’inizio, la Mauritania è un paese come tanti altri: in Africa il problema è diffuso sia tra i paesi islamici sia tra quelli cattolici) non si tratta del Corano, della Bibbia o della Torà, non conta tanto ciò che sta scritto: dipende, invece, da un’interpretazione di comodo. Quest’uomo, non è nemmeno uno schiavo, anzi, ha un lavoro, una casa, una famiglia. È istruito, anzi di più, è colto. Ed è la dimostrazione evidente di come la "religione" sia acerrima nemica della cultura. Quest’uomo ha un nome, si chiama  Nagi Cheik Ahmed e manifesta in modo semplice e palese la sua opinione: scrive sul suo blog. Forse, in cuor suo, pensa che mai nessuno lo leggerà: con tante cazzate che si scrivono! Ma non è così.


Viene insultato, aggredito, arrestato, sottoposto a giudizio e condannato a morte per quello che, da noi, non sarebbe neanche un reato d’opinione. Per fortuna, con l’intervento delle organizzazioni umanitarie, in secondo grado, la condanna viene revocata. Resta in prigione, apparentemente, per un cavillo burocratico che ne impedisce la scarcerazione, ma in realtà perché il suo governo, in barba a ogni principio, a ogni diritto umanitario, lo ritiene responsabile del crimine peggiore. È pericoloso, perché ha compreso l’inganno. Ha aperto gli occhi e potrebbe diffondere la sua idea, trovare dei sostenitori, propagare quel pensiero che li farebbe impazzire, convincere le masse che la libertà non è un dono, che la libertà non è un diritto di nascita, che la libertà spetta a tutti.

"Vorrei ringraziare la CASA DEL POPOLO per l'evento, senza il quale non saremo venuti a conoscenza di questa storia."

1 commento:

  1. Questa è la storia di un uomo che, per aver, giustamente, espresso le sue idee sul web fu CONDANNATO A MORTE!

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