Cerca nel blog

martedì 31 gennaio 2017

LA CRIPTA


Sull’isola di Barbados (Antille) si narra una storia che, ancora oggi, rimane inspiegabile. Non è semplicemente una leggenda, ma un fatto che è stato anche registrato dagli storici del luogo. Nel cimitero della Chiesa di Cristo “Christ Church Parish Church” esiste una cripta sotterranea, ora abbandonata, dove nessuno osa entrare. La cripta venne fondata quando l’isola era ancora una colonia britannica. Aveva un’unica entrata, dalla superficie, che era sigillata da un enorme lastra di marmo blu così pesante che richiedeva uno sforzo di 6 o 7 schiavi per poter essere spostata. Dopo una discesa lungo la scalinata di pietra si trovava un enorme cancello chiuso a chiave, la cui unica copia era detenuta dai Walrond, i proprietari. Oltre il cancello si trovava un enorme spazio destinato a contenere le salme dei defunti.

Nel 1742 la potente famiglia Walrond, non avendo mai utilizzato tale cripta, decise di venderla a degli amici di famiglia, gli Elliot, ma nemmeno loro, per fortuna, ebbero la necessità di utilizzarla per seppellire i propri famigliari. Il 31 luglio del 1807 Thomasina Goddard, una cara amica degli Elliot morì, così per rispetto e per amicizia decisero di seppellirla nella cripta di famiglia dentro una bara di legno: fu la prima persona ad essere sepolta lì. Poco tempo dopo, nel 1808, il mausoleo sotterraneo fu venduto alla famiglia Chase, noti su tutta l’isola per la loro cattiveria. Thomas Chase, il patriarca famigliare, è ricordato come un despota aggressivo e brutale, soprattutto nei confronti degli schiavi di sua proprietà, ma anche nei confronti della propria famiglia.
Il 22 febbraio del 1808 la cripta accoglieva il suo secondo membro, si trattava della piccola Mary Ann Chase di soli 2 anni di età, la cui morte è ancora oggi oggetto di speculazioni. Alcune ipotesi portano ad affermare che sia stato lo stesso Thomas ad averla uccisa. Il corpo di Mary Ann venne messo dentro una piccola bara di piombo e sepolta vicino a quello di Thomasina Goddard. Purtroppo le disgrazie per la famiglia Chase non erano ancora finite e 4 anni più tardi, il 6 luglio del 1812, si suicidò la sorella della piccola Mary Ann, Dorcas Chase. Anche in questo caso si dice che i continui abusi psicologici e la crudeltà del proprio padre l’abbiano portata a commettere tale gesto. Il corpo della giovane Dorcas venne messo dentro un’altra pesante bara di piombo e sepolta vicino a sua sorella. Il dolore di queste perdite fu così immenso per Thomas Chase che, guidato probabilmente anche dai sensi di colpa, si suicidò un mese dopo. Per il padre venne scelta una bara di marmo e occorse lo sforzo di ben 8 uomini per portare i suoi resti mortali giù per le scale e depositarli dentro la cripta. Ma quando venne aperto il cancello tutte le persone presenti quel giorno si trovarono di fronte a qualcosa di inverosimile. Tutte le bare erano state spostate dai luoghi in cui erano state messe inizialmente e in particolare quella della piccola Mary Ann si trovava sul lato opposto, sottosopra. Il dolore iniziale dei famigliari di fronte a quell’orrida scena si trasformò in rabbia perché pensarono che qualcuno avesse profanato le tombe, magari in cerca di oggetti preziosi. Quindi, dopo aver risistemato tutte le bare e aver depositato i resti del signor Thomas Chase, decisero di aumentare la sorveglianza sulla cripta.

A partire da questo momento le persone sull’isola testimoniano di fatti strani e rumori sospetti provenienti dal cimitero nel mezzo della notte, in particolare da quella cripta. Dicevano che si sentiva un rumore ben riconoscibile “come se vi fosse qualcosa che si trascina nell’oscurità“. Quattro anni più tardi, il 25 settembre 1816, la cripta venne riaperta per accogliere un nuovo membro: Charles Brewster Ames, morto a soli 11 anni. Come potete immaginare anche in questo caso le bare si trovavano spostate in posizioni inusuali e addirittura quella del signor Thomas Chase, il cui feretro pesava più di 250 kg, si trovava nella posizione opposta in cui era stata sistemata. Nonostante lo shock per tale spettacolo, tutte le bare vennero rimesse a posto e la cripta sigillata. Nei testimoni si faceva largo, sempre con più forza, l’idea che vi fosse qualcosa di soprannaturale dietro questo mistero. Il 17 novembre 1816 la cripta venne riaperta per ospitare una nuova salma, quella di Samuel Brewster. Oramai la voce riguardante le bare mobili si era diffusa su tutta l’isola e decine di curiosi vennero da ogni dove ad osservare questo spettacolo raccapricciante. Quando venne spostato il marmo all’ingresso e venne aperto il cancello interno, puntualmente come un film dell’orrore che si ripete all’infinito, i feretri erano sparsi qua e la. Anche in questo caso tra lo stupore e gli sguardi atterriti dei curiosi, le bare vennero rimesse a posto e la cripta richiusa. Il 7 luglio 1819 toccò alla signora Thomazina Clarke essere introdotta nel sepolcro.



La situazione divenne cosi disperata che decise di intervenire il governatore di Barbados in persona, Lord Combermere. Per poter seppellire i resti della donna la cripta venne aperta per l’ennesima volta e il governatore vide con i propri occhi ciò che temeva fosse reale, dinanzi a lui c’erano le bare completamente rivoltate, messe in posizioni improbabili quanto bizzarre. A quel punto decise di mandare via tutti, sia curiosi che parenti e insieme al corpo di polizia e a dei muratori esaminò con minuziosa cura ogni angolo della cripta osservando se c’erano dei fori attraverso i quali potesse entrare l’acqua o addirittura dei passaggi nascosti attraverso i quali potessero entrare gli sciacalli, anche se bisogna specificare che nessun oggetto prezioso era mai stato trafugato dalla cripta. Il governatore non ottenne nessun risultato, tutta la struttura si dimostrava solida, senza aperture. Così con arguta astuzia fece cambiare la serratura del cancello interno e fece sistemare le bare in una posizione ben definita, una sopra l’altra posizionando quelle più pesanti e grandi sotto quelle piccole. Successivamente ordinò di cospargere di sabbia fine il pavimento cosi da poter registrare le impronte degli intrusi, non contento di tali precauzioni fissò anche il pesante blocco di marmo all’ingresso attraverso l’utilizzo del cemento e come ciliegina sulla torta, quando il cemento era ancora fresco, decise di imprimere, attraverso il suo anello, il suo sigillo personale il quale rappresentava anche un avvertimento per chiunque avesse osato entrare. Insomma rese quella cripta impenetrabile. Il 18 aprile del 1820 il governatore, accompagnato dal corpo di polizia e dai muratori, decise di ritornare sul luogo per verificare se tali precauzioni erano servite e cosi poter finalmente sfatare quelle voci su presunti fantasmi ed eventi paranormali della cripta. Il cemento che fermava la porta di accesso era intatto e allo stesso modo anche il sigillo, quindi nessuno aveva violato l’ingresso. Dopo aver aperto il cancello iniziarono la discesa delle scale osservando con minuziosa cura il pavimento, verificando se c’erano delle impronte. Il luogo era identico a come l’avevano lasciato l’ultima volta, salvo un particolare: la posizione delle bare. Come in un dejavù, Lord Combermere assistette di nuovo a quell’incredibile visione, non c’erano impronte né sulle bare e nemmeno per terra ma esse si erano mosse e in questo caso c’erano addirittura tre bare messe una sopra l’altra e una in posizione verticale. Increduli e scioccati decisero di metter fine a tutto ciò: portarono fuori le bare e abbandonarono il luogo per sempre.

Da allora durante i secoli diversi scienziati, spiritisti e detective hanno cercato, invano, di spiegare questo fenomeno.

lunedì 30 gennaio 2017

UN PERFETTO IDIOTA

Fresco di stampa, "Un pefetto idiota" è il nuovo libro di Frank Iodice. 

Marsiglia, un gruppo di minori affidato a un custode notturno, totalmente inesperto; sua moglie, che resta sveglia ogni notte ad aspettarlo. Una bambina di sei anni, che si affeziona a lui e farà di tutto per restargli accanto; una giovane educatrice, che decide di cambiare vita e si lascia coinvolgere in un riciclaggio di denaro e azioni bancarie e una vecchia prostituta argentina, che rivive la sua storia d’amore con il suo primo fidanzato, nel frattempo diventato parroco. Un romanzo sul peso del giudizio: una storia d’amore tra un uomo, una donna e una bambina.

venerdì 27 gennaio 2017

IL MOSTRO DI FIRENZE


Il nostro Paese, l’Italia, non è privo di fatti di cronaca misteriosi e inquietanti. Questa è la storia di un assassino che divenne famoso per il suo terribile modus operandi: egli mirava sempre a giovani coppie, uccidendole a sangue freddo a una distanza ravvicinata con una Beretta calibro 22 e mutilava gli organi sessuali della donna. Questo killer è stato il presunto responsabile di 16 omicidi avvenuti tra il 1968 e il 1985: stiamo parlando di quello che oggi è conosciuto come il mostro di Firenze.

21 agosto 1968. È mezzanotte. In segreto due amanti, Antonio Lo Bianco di 29 anni e Barbara Locci di 32, appartati all’interno della macchina del giovane, sono intenti in preliminari amorosi. Sul sedile posteriore dell’auto dorme Natalino Mele di 6 anni, figlio di Barbara e di suo marito, Stefano Mele. Una figura misteriosa si avvicina all’auto senza che la coppia se ne accorga ed esplode otto colpi di pistola da distanza ravvicinata; quattro colpiscono l’uomo e quattro la donna. Le indagini successive recupereranno solo cinque bossoli di una Beretta calibro 22. Poche ore dopo il piccolo Natalino suona alla porta di una casa ad oltre due chilometri di distanza da dove era parcheggiata l’automobile. Il proprietario che era sveglio si affaccia alla finestra e scorge il bambino che dice: “Aprimi la porta che ho sonno e dopo riaccompagnami a casa perché mia mamma e lo zio sono morti in macchina…”. Questo è quello che anni più tardi sarà reputato come il primo assassinio del mostro di Firenze anche se nel frattempo in carcere è finito Stefano Mele, condannato a una pena di 14 anni nonostante le molte incongruenze. È il primo delitto di una lunga e sanguinosa serie, infatti passarono ben sei anni prima che il misterioso assassino colpisse ancora.

1974. Le vittime sono ancora due giovani, una coppia: Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini di 19 e 18 anni. I colpi esplosi sono ancora otto, cinque verso l’uomo e tre verso la donna che tuttavia non la uccidono. Stefania viene trascinata violentemente fuori dall’auto, non poteva fuggire a causa delle profonde ferite alle gambe causate dai proiettili. Viene infine uccisa con tre coltellate allo sterno ma l’assassino non si accontenta, infatti la colpisce con brutale ferocia altre 96 volte. Infine l’assassino le penetra la vagina con un tralcio di vite, particolare che fece pensare a un qualche rito esoterico. Il mostro di Firenze, nome affibbiatogli dai media, cominciò a guadagnare la sua notorietà il 6 giugno 1981, dopo che i corpi del 30enne Giovanni Foggi e della sua fidanzata Carmela di Nuccio di 21 anni, vennero trovati vicino alla loro auto nei pressi di Mosciano di Scandicci, in provincia di Firenze. I due si conoscevano da pochi mesi ma avevano già programmato di sposarsi, probabilmente avevano dei grandi progetti per il futuro, progetti che vennero distrutti, ancora una volta, da otto colpi di pistola fatali, tre a Giovanni e cinque a Carmela, mentre erano ancora in macchina. Un particolare che era già avvenuto e che si ripeterà anche in alcuni omicidi successivi è che vennero trovati meno bossoli di quelli effettivamente usati. A quanto pare all’assassino non bastò aver semplicemente ucciso i due giovani dato che infierì sui cadaveri con colpi di coltello, inoltre trascinò la donna poco distante dall’auto, recise i suoi jeans e per mezzo di tre precisissimi fendenti ne asportò interamente il pube. I corpi dei due giovani vennero rinvenuti il mattino dopo e la polizia non poté fare a meno di notare le analogie con i due duplici omicidi avvenuti nel 1968 e nel 1974. La polizia cominciava a rendersi conto di aver a che fare con un serial killer.

Gli investigatori inizialmente sospettarono di Enzo Spalletti, un autista di autoambulanze che era conosciuto per essere un guardone, la cui macchina era parcheggiata vicino alla scena del crimine. Quando gli agenti della polizia lo interrogarono, diede prima risposte poi dettagli inerenti al delitto che però non erano ancora stati divulgati dalla stampa: dunque venne arrestato. Tuttavia, mentre l’uomo era ancora in carcere, un nuovo efferato omicidio portò la polizia a credere di aver arrestato l’uomo sbagliato. Le vittime sono ancora una giovane coppia in auto: Stefano Baldi di 26 anni e Susanna Cambi di 24. Anche loro avrebbero dovuto sposarsi entro pochi mesi ma la sera del 23 ottobre del 1981 non tornarono a casa. Ancora una volta colpi provenienti da una Beretta calibro 22, ancora una volta vengono ritrovati meno bossoli di quelli effettivamente usati e ancora una volta alla ragazza è stato escisso il pube. La polizia brancolava nel buio e otto mesi dopo ci fu un altro omicidio, il quinto! Questa volta il delitto si differenzia dai precedenti in quanto il luogo in cui avviene l’aggressione non è appartato, inoltre non viene eseguita l’escissione degli organi sessuali femminili. Le vittime sono Paolo Mainardi, di 22 anni, e Antonella Migliorini di 19. L’assassino sopraggiunge favorito dall’oscurità ed esplode alcuni colpi verso la coppia. La ragazza muore sul colpo mentre Paolo viene solo ferito e riesce a fuggire, tuttavia in preda al panico non controlla la macchina che sbanda e finisce fuori strada. Un colpo di fortuna per l’assassino che avvicinandosi all’auto fredda il giovane. Quando viene scoperto l’omicidio, Paolo respira ancora e viene immediatamente trasportato all’ospedale più vicino dove morirà il mattino seguente. Qualche giorno dopo arrivò alla polizia una lettera anonima che recitava: “Perché non andate a rivedere il processo di Perugia contro Stefano Mele?”. Copn tutta probabilità, il messaggio faceva riferimento al primo omicidio avvenuto nel 1968 in cui era stato processato e condannato Stefano Mele, evidentemente l’assassino si stava prendendo gioco di loro.

L’ondata di omicidi è incessante: il 9 settembre 1983. Avviene l’omicidio di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch, due turisti tedeschi di 24 anni. 29 luglio 1984. Vengono uccisi Claudio Stefanacci e Pia Rontini di 21 e 18 anni. Questa volta un particolare raccapricciante sta nel fatto che l’assassino abbia asportato il pube della donna mentre era ancora in vita, seppur in agonia. 7 settembre 1985. Avviene l’ultimo omicidio, vengono assassinati Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, ragazzo e ragazza di origini francesi. Stesso modus operandi dei delitti precedenti. A seguito di otto duplici omicidi avvenuti nell’arco di quasi venti anni, gli investigatori non erano ancora in grado di trovare il vero colpevole. Vennero interrogate oltre 100.000 persone nella speranza di raccogliere qualche tipo di prova. Le indagini portarono alle porte della casa di Pietro Pacciani, un contadino che nel 1951 venne arrestato per aver ucciso l’uomo che aveva trovato a letto con la sua fidanzata. L’uomo era stato accusato più volte di stupro. Pacciani venne rilasciato nel 1964 dopo aver scontato 13 anni di carcere e gli investigatori credettero che l’uomo ancora a piede libero fosse tornato a commettere violenti omicidi. Durante un processo nel 1994, il giudice condannò Pacciani per 14 delle 16 accuse di omicidio, ma nel 1996 una corte d’appello ribaltò la condanna citando la mancanza di prove. La polizia, nel vano tentativo di trovare l’assassino, iniziò a sviluppare una teoria alternativa: rituali satanici. Agendo su questa convinzione, gli investigatori conclusero che due amici di Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti furono complici nei crimini e che commisero gli omicidi al fine di ottenere un qualche tipo di potere dagli organi sessuali delle vittime durante i loro culti. Pacciani venne tenuto in prigione per un nuovo processo mentre nel 1997 Lotti e Vanni furono condannati all’ergastolo pur avendo pochissime prove a sostegno delle rivendicazioni. Pacciani morì di arresto cardiaco nel febbraio del 1998, prima che fosse in grado di affrontare l’ennesimo processo e Lotti morì in carcere quattro anni più tardi.


Gli investigatori invertono la rotta nel gennaio del 2004, quando accusarono il farmacista Francesco Calamandrei per aver guidato il culto satanico e l’allora giornalista de La Nazione, Mario Spezi per colpa delle sue indagini private. Quest’ultimo venne anche arrestato con una serie di accuse pesantissime: dal depistaggio al concorso in omicidio, alla turbativa di servizio pubblico, fino alla calunnia. Anni prima la ex moglie di Calamandrei, si recò dai carabinieri e riferì che quando era ancora sposata con lui, aveva trovato in casa una pistola, precisamente una Beretta calibro 22 e nel frigorifero alcuni macabri feticci, a sua detta provenienti dalle vittime femminili del mostro di Firenze. Ben presto la ex moglie fu vista come una visionaria che voleva solo vendicarsi dell’ex marito che l’aveva lasciata. Aveva forse ragione? A quanto pare no perché il 21 maggio 2008, al termine di un processo con rito abbreviato iniziato nel settembre 2007, Calamandrei venne assolto dalle accuse per mancanza totale di prove. Due anni più tardi, Vanni morì in una casa di cura e se partecipò ai crimini oppure no, è un mistero che si è portato nella tomba. Nel corso degli anni sono state fatte decine di ipotesi su questo macabro fatto di cronaca che ha sconvolto il nostro Paese, solo ipotesi però: nessuna prova concreta. Dunque, il mistero legato al mostro di Firenze, probabilmente, non verrà mai risolto.

lunedì 23 gennaio 2017

NON APRITE QUEL PORTALE



Siti di ribelli e di attivisti politici antigovernativi, marketplace illegali dove poter comprare di tutto, dalle armi alla droga, dai documenti falsi fino agli organi umani, hacker e pedofili. Insomma, una lunga lista nera di siti web, che incute timore e suscita inquietudine anche ai più smaliziati. Questo è il deep web, una terra di nessuno che sfugge ad ogni controllo e rende possibile l’illecito. Un mondo enorme e nascosto ai più, lontano dalle lande rassicuranti di Google, YouTube, Facebook e Wikipedia. Un universo senza regole né leggi, dai confini sconosciuti e dai mille pericoli. Sì, perché navigare nel deep web non è uno scherzo: comporta dei rischi reali ed è per questo che vi consiglio di non provare neanche ad entrarci.




Il modo migliore per immaginarsi il deep web è pensare ad un enorme iceberg. In superficie, alla piccola punta dell’iceberg corrisponde il web lecito, che tutti conosciamo e dove navighiamo quotidianamente, sottoposto alle regole e alla legislazione nazionale e internazionale. Sotto l’acqua del mare invece c’è la parte più grossa dell’iceberg, quella non visibile in superficie. Ecco, a questa parte sommersa corrisponde il deep web, vale a dire l’internet non segnalato e non accessibile dai normali motori di ricerca. Il deep web, in altre parole, è una rete parallela all’internet che tutti conosciamo, ma molto più grande. Per darvi un’idea della sua estensione, basti pensare che Google indicizza, per la rete ‘normale’, circa 2 miliardi di documenti. Nel deep web invece, secondo una ricerca del 2000 condotta dalla Bright Planet, i documenti si aggirano intorno a 550 miliardi. A volte si parla anche di dark web, per indicare la parte più recondita, oscura e profonda di questo universo, dove la navigazione è in completo anonimato e le attività illegali la fanno da padrone. La moneta corrente è il bitcoin, una valuta virtuale con cui si può comprare di tutto: qualsiasi cosa. Per navigare e muoversi invece, non si usano i motori di ricerca ma si fa affidamento a liste di link ordinati per categorie. Le pagine, però, cambiano spesso indirizzo, proprio per garantire l’anonimato, un po’ come fanno i latitanti con i loro rifugi. Il dark web è, in sostanza una zona franca che sfugge a qualsiasi legge e forma di controllo. Per entrarci, servono speciali software. Non vi spiegherò come si accede, per evitarvi qualsiasi forma di tentazione, ma cercherò di raccontarvi cosa si può trovare, per darvi un’idea della sua realtà.



Non tutto quello che c’è nel deep web è illegale, ben inteso. Vi si possono trovare infatti anche normali archivi e documentazioni; ad esempio, ricerche mediche, scientifiche, accademiche o finanziarie che per motivi tecnici o di altra natura non sono rintracciabili dai normali motori di ricerca. Tuttavia, il fatto che sia possibile una navigazione in completo anonimato, che sfugge al controllo di polizie e governi, rende possibile e fecondo il proliferarsi di attività criminali di varia natura. Siti pedo-pornografici, di commercio di droghe, di vendita di armi e siti sottoposti a censure governative, trovano terreno fertile in questo ambiente marcio, per nascere e svilupparsi. Qui possono annidarsi delinquenti di ogni genere. La mia personale impressione è che la maggior parte di questi siti siano uno specchietto per le allodole, atti ad attirare l’attenzione delle persone più ingenue credulone e perditempo. Chi acquisterebbe un’arma, per poi aspettare che il corriere gliela recapiti a casa, con un normale pacco postale? Chi comprerebbe una dose di droghe per poi andarla a recuperare da un pusher anonimo in posto isolato?
Si possono trovare persino sicari disposti ad uccidere qualcuno magari per pochi bitcoin. Oppure si può mettere una taglia su di una persona, proprio come nel far-west: basta pubblicare la foto della persona che si vuole morta, con le sue generalità. Riscuote la taglia colui che posta la foto di quella persona uccisa.


Per quanto possa sembrare raccapricciante, nel #deepweb, purtroppo, questo tipo di attività è realmente possibile e praticato. In questa zona ‘oscura’ di internet la cautela è sufficiente: per difendersi dai pericoli bisogna saperli riconoscere. Il mio consiglio è quello di non addentrarsi in alcun modo in questo mondo. Tra le cose che vi potrebbero facilmente capitare, ad esempio, c’è il furto di tutti i vostri dati e i documenti personali archiviati nel vostro PC; potreste poi essere ricattati per riaverli. Oppure ritrovarvi del materiale pedopornografico sul vostro HD a vostra insaputa o ancora peggio, ritrovarvi con il conto corrente svuotato alla prima connessione online. Meglio non aprire quella porta.

sabato 21 gennaio 2017

MUTILAZIONI


Attenzione! Questo post contiene informazioni ed immagini dal forte impatto emotivo: se ne sconsiglia la visione a chi è facilmente impressionabile.




Col termine M.A.M. (Mysterious Animal Mutilation), ci si riferisce a numerosi episodi di mutilazioni patite dal bestiame ad opera di ignoti, in circostanze misteriose. Gli eventi si sono susseguiti negli Stati Uniti a partire dagli anni sessanta ovvero da quando iniziarono a trovarsi capi di bestiame rinvenuti morti che presentavano gravi mutilazioni.
Tali mutilazioni rivestono caratteristiche di particolare interesse scientifico ed investigativo per il modo in cui si sono verificate, diventando oggetto d'indagine di diversi enti governativi statunitensi. L'esistenza del fenomeno è confermato da indagini da parte dell'ATF, del Forest Service e dell'FBI, indagini che suggerirono alcune suggestive ipotesi, ma non approdarono a nulla. Dagli esami effettuati sulle carcasse fu evidenziato che agli animali erano stati asportati, nella maggioranza dei casi, i genitali e le zone circostanti.
Ciò che lasciava perplessi erano le modalità dell'asportazione, ovvero la precisione chirurgica delle incisioni e la totale assenza di sangue sia nel corpo dell'animale sia nella zona circostante. Le ferite erano caratterizzate da un taglio netto, analogo a quello di un bisturi e la sezione di tessuto interessata risultava cauterizzata. In molti casi la carcassa dell'animale presentava fratture multiple sul lato rivolto verso terra, questo ha fatto presupporre che fossero caduti da un'altezza elevata.
Questo particolare ha alimentato le teorie degli ufologi, i quali sostenevano che gli animali fossero stati rapiti dagli alieni per poi essere uccisi e scaraventati al suolo.
Tutto ebbe inizio il nove settembre 1967. In un ranch vicino ad Alamosa nel cuore della St. Luis Valley (Colorado), un fattore ritrovò la carcassa di Lady, una splendida puledra appaloosa di tre anni che giaceva, stesa su un fianco, in mezzo a un campo.
L'intera testa dell'animale era stata ripulita dalla carne. Il cervello, gli organi ed il midollo erano scomparsi. Tutt'attorno non c'era alcuna traccia di sangue. Gli unici segni nel terreno si trovano a circa 40 piedi (12 metri) dal corpo dell'animale e consistevano in 15 tracce circolari e da un cerchio di 3 piedi, formato da 6 buchi, ognuno di circa 4 pollici di diametro e di 3/4 pollici di profondità.
Rimossa la carcassa di Lady, una guardia forestale controllò la zona con un contatore geiger e rilevò delle radiazioni attorno alle tracce circolari; la radioattività, curiosamente, decresceva man mano che ci si avvicinava alla carcassa del cavallo. Il caso venne indagato dal dottor John Altshuler, ematologo e patologo all'Health Sciences Center di Denver che, di fronte ai resti del puledro, rimase profondamente scioccato: aveva notato un taglio che dal collo scendeva giù fino alla base del petto, un'incisione chiara e verticale. Sembrava che la carne fosse stata aperta e cauterizzata da un laser, ma questo congegno non esisteva nel 1967!
Dei campioni di tessuto vennero esaminati al microscopio. A livello cellulare c'era una consistente decolorazione e distruzione, con mutazioni causate da bruciature. Più stupefacente fu la mancanza di sangue: non si può tagliare un corpo senza versare del sangue. Ma non c'era assolutamente sangue nella pelle o sul terreno: non c'era sangue da nessuna parte! Al cavallo mancavano il cuore, i polmoni e la tiroide. Il mediosterno era completamente vuoto e asciutto.
Da allora sono stati registrati migliaia di casi simili a quello di Lady. Di solito si tratta di bovini, ma sono stati trovati mutilati in circostanze analoghe anche altri cavalli, nonché pecore, capre ed altri animali domestici. Il copione è quasi sempre lo stesso: asportazione delle parti molli, occhi, lingua, mammelle. Assenza di sangue nel corpo dell'animale e intorno a esso. Assenza di tracce nelle vicinanze oppure presenza di misteriose tracce non identificabili.
Col tempo, si è scoperto che le mutilazioni non sono un fenomeno esclusivo dell'America. È accaduto in Francia in Inghilterra e anche l'Italia non sembra essere immune dal fenomeno.
In ogni caso, la documentazione sulle mutilazioni animali è talmente vasta da portarci a concludere che il fenomeno sia troppo esteso per essere liquidato con spiegazioni convenzionali, ma c’è anche chi non la pensa in questo modo.
 

James Bagwell, sceriffo della contea di Humboldt nel Nevada, luogo in cui nel 1974 ci fu un'ondata di mutilazioni, afferma che i decessi possono essere avvenuti per cause naturali o per colpa dei ladri di bestiame. Quando muore una mucca, ci dice, gli animali spazzini si avvicinano e attaccano, per primi, i tessuti molli. Se un roditore si avvicina per mangiare sembrerà che la carne sia stata tagliata con un coltello e che intorno non vi siano tracce.
Un'altra ipotesi presa in considerazione dagli inquirenti è quella dei riti a sfondo satanico, durante i quali si celebrerebbero sacrifici. Si tratta di un’ipotesi molto debole, in quanto questi riti, raramente, propongono un sacrificio animale, piuttosto si sacrificano delle vergini o addirittura dei bambini. Gli unici culti che prevedono il sacrificio di animali sono il vudù e la teurgia pagana. Ma il vudù si limita a sacrificare animali da cortile, mentre i rituali della teurgia prevedono sì il sacrificio di un vitello, ma per essere validi necessitano di un grande spargimento di sangue che è ritenuto un elemento magico ed è quindi indispensabile per compiere qualsiasi sortilegio. Inoltre, questi riti si svolgono in un'atmosfera caotica dove non mancano danze, orge e iniziazioni, che lascerebbero chiari ed evidenti tracce sul terreno.
Una teoria più plausibile - ha scritto lo studioso inglese Timothy Good - è che le mutilazioni facciano parte di un progetto di ricerca segreto del governo americano. Durante l'indagine svolta nel 1967 da Raymond Ingraham e Mike Kellenbarger, l'uno ingegnere, l'altro membro dell’APRO (Aerial Phenomena Research Organization) sulla morte di Lady, il puledro di cui abbiamo riferito all'inizio, il fattore che aveva trovato la carogna dell'animale riferì che dopo il ritrovamento della carcassa, elicotteri senza insegne sorvolarono la valle, sparando ai coyote e spaventando il bestiame.
In Colorado nell'agosto del 1975, dopo che vi erano stati 130 casi di mutilazioni in due anni, il senatore Floyd Haskell aveva scritto all'FBI per richiedere assistenza. Nella sua lettera, Haskell notava che molti residenti delle zone rurali avevano detto di essere stati disturbati da elicotteri fantasma.
Il ricercatore Thimoty Good riferì che molti elicotteri senza contrassegno vennero avvistati nelle zone interessate dal fenomeno delle mutilazioni.

CASI IN ITALIA
Non sono mancati casi simili anche in Italia. Se ne occupò, a suo tempo, il prof. Malanga dell’Università di Pisa. Tutto iniziò con un trafiletto pubblicato, verso la fine degli anni ’90, su un giornale locale che descriveva la morte di nove cavalli da corsa, stranamente mutilati. Sulle prime, l’episodio non fu associato al fenomeno statunitense in quanto Pisa, con i suoi allevamenti di cavalli pregiati ed adibiti alle corse, andava soggetta al cosiddetto "racket delle scuderie" ma, tra le altre stranezze, i cavalli mutilati avevano tutti i garretti spezzati, come se fossero caduti dall’alto. Le uccisioni dei cavalli avevano fatto scattare azioni giudiziarie con rispettive indagini della Procura della Repubblica e dei Carabinieri di zona. I dati erano consultabili e si scoprì, parlando con i proprietari delle scuderie, che erano almeno dieci anni che, quasi sempre in Novembre, il fenomeno si ripeteva! Gli atti riguardavano processi contro ignoti, conclusisi con un nulla di fatto poiché dei colpevoli non vi era alcuna traccia.
Eppure, ogni anno a Pisa, cavalli da corsa venivano mutilati ed uccisi con le stesse tecniche impiegate sugli esemplari americani: il taglio dei padiglioni auricolari, un foro nell’occhio sinistro, il carotaggio dei capezzoli, l’asportazione dei genitali e di una parte del retto, il carotaggio di una parte della colonna vertebrale all’altezza della cervicale ed un foro nell’arto destro. Presentavano o lesioni sul collo o addirittura, parte delle ossa del collo rotte. Su un lato, la pelle, appariva completamente abrasa, come se fossero stati trascinati da qualche parte. I tagli erano netti, lo dichiararono gli esperti forensi, soprattutto nella zona del padiglione auricolare e d’altro canto le fotografie, ancora disponibili, mostrano una similitudine incredibile con i casi americani: un cavallo era impiantato nel terreno con gli zoccoli, come se fosse caduto dall’alto (dalla testimonianza resa ai carabinieri da un’impiegata del posto). Gli esemplari erano quasi sempre femmine. Una, gravida di cinque mesi, per testimonianza del suo padrone e di due stallieri, risultò, all’analisi necroscopica, priva del feto! Le cavalle lasciate a stabulazione libera si trovavano a circa cinque chilometri dalle stalle, in un campo fangoso, raggiungibile solamente col trattore o con gli stivali alti: nonostante tutto ciò nessuna traccia di qualsiasi mezzo fu ritrovata attorno o nelle vicinanze. I cavalli sono morti per infarto al miocardio e presentavano il ventricolo destro o sinistro scoppiato e completamente privo di sangue.
Per quanto assurdo, sembrerebbe che qualcosa, dall’alto, li abbia agganciati sollevandoli in aria. Quindi agli animali è stata praticata un’iniezione nella spalla destra per prelevare del sangue. Infine sono stati uccisi con una stimolazione a livello cerebrale che ha artificialmente aumentato il numero di battiti del cuore fino a farlo scoppiare. Gli organi sono stati prelevati in seguito, dopo che gli animali sono stati trascinati altrove, provocando anche l’abrasione del parenchima laterale esterno. Infine, sono stati gettati giù, nel luogo ove erano stati ritrovati.

MUTILAZIONI UMANE
A quanto pare, le mutilazioni non sarebbero limitate ai capi di bestiame. Esistono casi riguardanti esseri umani che sono stati ritrovati con gli stessi tipi di tagli riscontrati sugli animali.
Il primo a parlarne fu Bill English, un ex berretto verde. Nel maggio del 1970, con la sua squadra, venne inviato nel Laos per recuperare l’equipaggio di un bombardiere B-52 misteriosamente precipitato nella giungla. Quando giunsero sul posto, trovarono l’aereo come se fosse "adagiato" al suolo. L’aereo non presentava danni da impatto sulla fusoliera, tranne qualche ammaccatura sulla parte inferiore. Anche i motori non evidenziavano alcun danno, così come la vegetazione sulla quale l’aereo si era posato. Le sorprese però non erano finite: all’interno della carlinga furono rinvenuti i membri dell’equipaggio orrendamente mutilati, ma non c’erano tracce di sangue. Le incisioni, fatte con perizia chirurgica, sembravano realizzate con un raggio laser.
Si sono avute notizie di mutilazioni di esseri umani anche in Brasile, investigate dall’ufologo Encarnacio Zapata Garcia. Egli venne in possesso di alcune inquietanti foto e del rapporto autoptico di un corpo mutilato rinvenuto nei pressi di Guarapiranga il ventinove settembre 1988.
Le foto furono consegnate a Garcia dal dott. Rubens Goes, il quale le aveva ricevute dal cugino Sergio Rubens, tecnico della polizia locale. Il cadavere fu in seguito identificato, ma le autorità non ne hanno rivelato l’identità su esplicita richiesta dei parenti. Dallo studio delle foto, che qui riportiamo, Garcia rilevò inquietanti similitudini tra le ferite presenti sul corpo e quelle tipiche delle mutilazioni animali. Il rapporto dell’autopsia è rivelatore in tal senso e descrive il lavoro svolto dagli autori di tale atrocità, il tipo di tagli effettuati, la rimozione di interi organi interni attraverso piccole aperture, la mancanza di sangue e l’assenza di decomposizione, tutte caratteristiche presenti nelle mutilazioni animali di presunta matrice extraterrestre.
 

 
Il corpo era in perfette condizioni. Il rigor mortis non era ancora subentrato e venne valutato che la vittima era stata uccisa approssimativamente tra le 48 e 72 ore prima. Non vi erano segni di morsi di animali predatori o di putrefazione. Il sanguinamento delle ferite era minimo. Come si nota chiaramente dalle foto, i tessuti del viso e delle labbra sono stati escissi intorno alle mandibole. Inoltre, come da caratteristica comune nelle mutilazioni animali, il rapporto autoptico rilevò la rimozione degli occhi, delle orecchie e lo svuotamento della cavità orale, lingua compresa. Il tutto fu eseguito con estrema precisione. L’assenza di emorragia profusa, cosi come la cauterizzazione del bordo delle ferite, suggerisce l’uso di uno strumento laser.
 

 
Le regioni ascellari su ambo i lati mostrano macchie molli ove gli organi sono stati rimossi. Sulle spalle e le braccia sono presenti fori di un pollice, un pollice e mezzo di diametro attraverso cui sono stati estratti tessuti e muscoli. In altre parole gli organi interni sono stati rimossi attraverso queste piccole incisioni circolari. Il corpo presenta anche la rimozione dell’intestino, dei genitali e dell’ano. L’orifizio anale della vittima è stato estratto con una grande e profonda incisione.
 


mercoledì 18 gennaio 2017

ROBOT

 
La fantascienza può dare soddisfazioni del tutto particolari. Per esempio si può andare molto vicini al bersaglio quando si tenta di costruire un quadro attendibile della tecnologia futura. Se si scrive un racconto, e si vive abbastanza a lungo, si può avere la soddisfazione di scoprire che le proprie predizioni erano ragionevolmente accurate. A me è successo con il libro "SENZA TEMPO".


La prima stesura di questo romanzo risale al 1969: a quell’epoca avevo dodici anni. Fui spinto a farlo da mio fratello che aveva scritto qualcosa in cui i protagonisti erano dei robot sensienti. Si guadagnò tutto il mio dissenso, poiché consideravo i robot come semplici meccanismi. Fino alla metà degli anni settanta, infatti, i robot non furono realizzabili. Soltanto con l’avvento dei microprocessori, i computer divennero abbastanza piccoli ed economici da permettere di realizzare un robot con una spesa che non fosse proibitiva. Oggi nell’industria si utilizzano macchine controllate dai computer e queste macchine vengono chiamate robot. Sempre più frequentemente, ai robot vengono affidati compiti semplici e ripetitivi nelle catene di montaggio (saldare, trapanare, lucidare e così via); essi rivestono un’importanza sempre maggiore nell’economia mondiale. Per la verità, ritengo che siamo soltanto agli inizi della rivoluzione robotica. I robot di cui ci serviamo oggi non sono molto superiori a semplici attrezzi computerizzati, inoltre non hanno per nulla un aspetto simile a quello umano e quindi non sono ancora gli "uomini meccanici" che comparivano nel racconto di mio fratello. Questi primitivi robot non assomigliano affatto ai mostri della fantascienza, non bramano affatto la distruzione della vita umana (anche se a volte i robot sono coinvolti in incidenti in cui qualche persona trova la morte, esattamente come capita per le automobili e gli elettrodomestici). Hanno dimostrato, invece, di essere complessi congegni progettati per liberare gli esseri umani dai lavori più pesanti, ripetitivi, pericolosi o sottopagati. È anche vero che parecchie imprese stanno già lavorando alla realizzazione di robot casalinghi che avranno un aspetto vagamente umano e provvederanno a molti dei compiti che oggi vengono svolti dagli assistenti o dai domestici.


Ritornando al mio libro, per poter apprezzare l’accuratezza delle mie previsioni ho dovuto aspettare fino ad oggi: avendo cominciato da giovanissimo ho potuto fare questa scoperta. Raccontando la saga di Adam ho esteso le mie predizioni sui viaggi spaziali ben oltre il limite odierno, ma ho il sospetto che, se la razza umana riuscirà a sopravvivere, in un modo o nell’altro vedremo anche questo. 
Purtroppo la vita non dura in eterno e io non potrò assistere a lungo alla corsa della tecnologia. 
Dovrò accontentarmi dell’applauso delle generazioni future che saranno testimoni del mio trionfo... Se un trionfo potrò mai avere.

domenica 15 gennaio 2017

Taured: dov'è?



Uno degli eventi, apparentemente, più sconcertanti del XX secolo si è svolto in una tranquilla giornata di sole in un normalissimo aeroporto. L’oscura vicenda non è documentata dalle autorità giapponesi che, forse anche a causa della rigorosa cultura nipponica, hanno una certa riluttanza perfino a parlarne. Evidentemente, la vicenda crea, ancora oggi, un notevole imbarazzo e non sarebbe venuta fuori se i funzionari doganali non avessero interpellato altri colleghi di vari paesi, per confutare l’autenticità dei visti d’ingresso apposti su di uno strano passaporto. Inspiegabilmente, quel giorno, un uomo in viaggio per affari divenne il fulcro di un enigma inesplicabile.
Il 1954 fu un anno particolarmente caldo a Tokyo. A parte questo, non c'era niente di nuovo ad Haneda (aeroporto internazionale di Tokio) in quel giorno di luglio. Alcuni passeggeri sbarcarono da un aereo proveniente dall’Europa. Un uomo ben vestito, di mezza età, di razza caucasica, con la barba, interrogato dai funzionari della dogana, dichiarò che era in viaggio per affari. A una precisa domanda dell’agente, rispose che quello era il suo terzo viaggio in Giappone. Si esprimeva bene in francese, ma dimostrò di conoscere anche il giapponese e molte altre lingue. Nel suo portafoglio furono ritrovate una varietà di valute di vari paesi europei, che fecero pensare a frequenti viaggi. L’unica cosa strana era il suo passaporto: il documento suscitò scalpore in quanto era rilasciato dallo Stato di Taured. Sulle prime, l’agente pensò a uno scherzo, ma l’uomo che aveva di fronte non sembrava che si divertisse, anzi, era estremamente seccato per l’inconveniente. L’agente, perplesso, si consultò con i suoi superiori che chiesero all’uomo se fosse in grado di mostrare un ulteriore documento. L’uomo, che a questo punto sembrava sbigottito, si dimostrò collaborativo, fornì il documento e rispose a tutte le domande che gli venivano poste. Alla domanda: "dove si trova Taured?" Rispose, non senza sconcerto, che proveniva da un piccolo Stato, ma che Taured aveva una storia millenaria, inoltre, affermò di essere già stato in Giappone, ma era la prima volta che incappava in un simile inconveniente. Dichiarò che proveniva da Taured, un paese al confine tra Francia e Spagna. I funzionari, allora, gli portarono una cartina dell’Europa chiedendogli di mostrare dove fosse ubicato Taured poiché, gli spiegarono, Taured non esisteva. L’uomo, indispettito, indicò un punto sulla carta geografica, ma quando lesse, in quel punto, il nome di Andorra, andò su tutte le furie pretendendo una spiegazione. Il suo passaporto, rilasciato dal paese di Taured, sembrava autentico e inoltre mostrava diversi timbri di visto che confermavano i suoi viaggi precedenti, sia in Giappone sia in altri paesi. L'uomo, tuttavia, appariva perplesso, infastidito da quello strano inconveniente che gli stava facendo perdere tempo. Eppure, quando chiamarono l’azienda che era in procinto di raggiungere per sbrigare i suoi affari, si sentirono rispondere che non avevano mai sentito parlare né di lui né della sua società. Anche la sua prenotazione all’hotel non risultava e la banca presso la quale aveva il suo conto sembrava non esistesse.
L’uomo sembrava sconcertato, sottoposto a incessanti interrogatori, continuò a ripetere che quel luogo era proprio Taured e non il Principato di Andorra: Taured, il suo paese esisteva da mille anni ed era evidente che non riusciva a capire perché sulla mappa fosse indicato Andorra e non Taured! Ancora sotto shock, l’uomo misterioso fu consegnato alla polizia e arrestato. Si decise di rinchiuderlo in una camera di un vicino hotel affinché potesse trascorrervi la notte mentre i funzionari cercavano ancora di capire cosa diavolo stava succedendo. L’uomo, condotto in camera si diresse subito verso il letto, dove si coricò con l’aria stanca di chi desidera solo svegliarsi da un brutto sogno. La porta si rinchiuse alle sue spalle e la stanza fu piantonata tutta la notte da due guardie armate. La mattina seguente i funzionari che vennero a prelevarlo ebbero un’amara sorpresa: l’uomo era sparito. Le autorità, in preda ad un evidente senso di imbarazzo ed irritati per lo smacco subito, diedero subito inizio ad una ricerca accurata e sistematica, ma l’uomo di Taured non fu più ritrovato. Come se non bastasse, anche i suoi documenti, tra cui il passaporto e la patente rilasciati dal misterioso paese, sparirono dalla camera di sicurezza dell’aeroporto.
Una storia dai risvolti sconcertanti; l’uomo di Taured aveva, in qualche modo, attraversato il confine di una dimensione parallela? Se così fosse, bisognerebbe ammettere che c’è una Terra parallela che è molto simile alla nostra, ma in cui c’è una nazione chiamata Taured che qui si chiama Andorra. Si potrebbe anche ipotizzare che l’uomo era un viaggiatore del tempo proveniente dal futuro; ipotesi che, alla luce dei fatti, ritengo poco probabile. Tuttavia, altri viaggiatori fuori luogo (o fuori tempo) sono apparsi in molte occasioni. Tanto per citarne alcuni, nel 1851 un uomo fu ritrovato a vagare senza meta per Francoforte sul Meno, nel nord-est della Germania. Dichiarò di provenire da un paese chiamato Laxaria del continente di Sakria. Un altro, un giovanotto che parlava una lingua sconosciuta, fu sorpreso a rubare un pezzo di pane, a Parigi nel 1905. Dichiarò che veniva da Lizbia, le autorità ipotizzarono che si trattasse di Lisbona (Lisboa in portoghese), ma non parlava portoghese né fu in grado di riconoscere una mappa del Portogallo. Taured, Laxaria, Lizbia, dove sono questi luoghi? Esistono in qualche parte del Multiverso? Il mistero è tutt’oggi irrisolto.

mercoledì 11 gennaio 2017

POSSESSIONE - IL CASO ROLAND DOE


Sul finire degli anni '40, i quotidiani del Maryland iniziarono ad occuparsi del caso di Roland Doe, pseudonimo dietro il quale si celava l'identità di un ragazzo di quindici anni che manifestò i segni di una possessione demoniaca. Roland fu descritto come uno di quegli adolescenti che alla compagnia dei coetanei preferisce quella degli adulti e in particolare il rapporto con sua zia Harriet, appassionata di occultismo, fu decisivo negli sviluppi di questa vicenda. Dopo la morte di sua zia, Roland provò a mettersi in contatto con lei attraverso una tavoletta Oui-Ja e fu proprio in quel periodo che iniziarono a succedere cose strane in casa.

Suoni di passi si propagavano continuamente in tutta la casa e profondi graffi apparvero sul corpo del ragazzo. Oggetti religiosi iniziarono a cadere dai muri e successe anche che Doe venne sollevato in aria.
Eventi che furono esaminati anche dal parapsicologo J. B. Rhine il quale, dopo una notte trascorsa con il ragazzo, consigliò alla famiglia di rivolgersi ad un prete cattolico. La situazione precipitò al punto tale che per Roland, che sembrava ormai posseduto da un'entità malvagia, si resero necessari molteplici esorcismi. Durante uno di questi rituali il ragazzo, che era saldamente assicurato al letto, riuscì a liberare un braccio e a ferire gravemente il prete con una molla che, incredibilmente, aveva strappato dal materasso.

Una storia che impressionò lo scrittore William Peter Blatty, che si appassionò agli studi del soprannaturale e trent'anni dopo diede alle stampe L'esorcista, controverso bestseller che successivamente sarà adattato per il grande schermo da William Friedkin. Quando Blatty iniziò la stesura del libro, la famiglia di Roland chiese allo scrittore di cambiare il sesso del "posseduto" per proteggere l’identità del ragazzo. Nonostante Blatty e Friedkin si siano presi diverse libertà narrative rispetto al materiale di partenza (piuttosto scarno, in verità) le immagini di Linda Blair che inizia a levitare verso il soffitto della stanza buia e gelida, appena rischiarata dalla luce spettrale degli abat jour e la porta che si chiude all'improvviso, restano tra le più potenti che si siano viste sul grande schermo negli ultimi decenni, mentre altre pellicole che hanno provato a raccontare fedelmente la storia di Roland - tra cui Possessed - non hanno avuto lo stesso impatto.

La possessione si manifesta in forme diverse a seconda della cultura e della religione del cosiddetto "posseduto". Strano ma vero, non è efficace contro gli atei: è assodato che chi non crede non può incorrere in queste sciagure; quasi occorresse una certa complicità per essere posseduti.
Tuttavia, la pratica dell’esorcismo risale a tempi molto antichi. C’è da dire che anche Gesù praticò la liberazione dal maligno, lo riporta l’Antico Testamento facendo riferimento alla liberazione dell’indemoniato di Gerasa (cfr. Vangelo secondo Luca, 8,26-39 e Marco 5,1-20).

Il rito sacramentale dell’esorcismo è sottoposto e regolato da rigoroso rituale denominato: " De exorcismis et supplicationibus quibusdam" che tradotto significa: "gli esorcismi e alcune preghiere"; modificato nel 1998 ma il precedente ed originale è molto più antico, risale al 1614 ed è quello utilizzato maggiormente da tutti gli esorcisti perché ritenuto ancor valido e più efficace. Nel libro che raccoglie tutte le indicazioni per esorcizzare il demonio dal titolo "Exorcismus in Satanam et Angelos Apostaticos" è riportata la Preghiera a San Michele, un’orazione considerata la più potente formula di esorcismo contro Satana, cosi come sono considerate potentissime scaccia diavoli le preghiere al Prezioso Sangue di Gesù.
 

sabato 7 gennaio 2017

LA TERRIFICANTE ESPERIENZA DI DORIS BITHER

 
Avete visto il film Entity? La pellicola è tratta da un caso realmente accaduto. Negli anni 70, una donna Californiana di nome Doris Bither dichiarò di essere stata più volte aggredita e stuprata da entità invisibili.
Tale fu lo scalpore che, negli Stati Uniti, la notizia apparve su tutti i giornali dell’epoca. Inizialmente l’opinione pubblica la etichettò come un escamotage, una bufala atta solo ad incrementare le vendite.
 
La signora Bither conduceva una vita assolutamente normale: era madre di quattro figli e lavorava sodo per non far mancare nulla alla famiglia, che viveva a Culver City, in California. Ma nell’estate del 1974 tutto cambiò. I fenomeni cominciarono nella casa ove, da tempo, Doris abitava con i suoi figli. Inizialmente furono di lieve entità, tanto che la donna li attribuì alla stanchezza o alla distrazione: porte lasciate aperte e ritrovate chiuse, luci trovate accese nella notte o che si spegnavano all’improvviso, sensazione di freddo e ombre, avvistate di sfuggita. Comunque sia, Doris non diede molta importanza a queste stranezze e continuò la sua vita normalmente.
Verso la fine dell’estate si sentì poco bene e quella sera andò a dormire prima del solito. All’improvviso, avvertì nella stanza un odore forte, nauseabondo a cui seguì, subito dopo, una sensazione di freddo intenso. Si era messa a sedere ma, all’improvviso, si sentì scaraventare sul letto. Tentò una reazione, ma una forza invisibile la immobilizzò e iniziò a schiaffeggiarla. La donna tentò di urlare ma si sentì stringere il collo fino a svenire per asfissia. Pochi minuti dopo Doris riprese conoscenza, ma il suo incubo non era ancora finito: il suo aggressore, ora visibile, era ancora lì e le aveva inferto dei profondi graffi su tutto il corpo. Tentò di reagire, ma nuovamente venne colpita più volte allo stomaco e al volto. Infine, ridotta all’impotenza, venne violentata.
Doris svenne nuovamente e si svegliò solo al mattino. In un primo momento, credette o piuttosto cercò disperatamente di convincersi che si trattasse di allucinazioni, magari dovute allo stress del lavoro, ma i lividi e i graffi che le ricoprivano il corpo erano reali: aveva vissuto qualcosa di terribile. Per non spaventare i suoi figli, si fece forza e cercò di lasciarsi alle spalle quell’orribile esperienza; cercò di riprendere la vita di tutti i giorni. Ma pochi giorni dopo, quegli episodi ricominciarono.
 
 
Doris, a quel punto, dimostrando un grande senso di razionalità, si convinse di avere dei gravi disturbi mentali che la portavano ad auto infliggersi, in maniera inconscia, lividi e ferite. Pertanto, decise di chiedere aiuto e si rivolse all’Università della California. Qui vennero eseguiti numerosi esami, ma i medici non poterono far altro che attestare non solo le ferite, ma anche le violenze sessuali. In preda ad evidenti sensi di colpa, la donna decise di intraprendere un percorso terapeutico, affidandosi a diversi psichiatri. La situazione però peggiorava giorno dopo giorno: Doris veniva picchiata, graffiata e stuprata sempre più spesso e in lei si fece strada l’idea che la sua casa fosse infestata da entità demoniache.
Tornò alla stessa Università, ma questa volta alla facoltà di Parapsicologia, dove raccontò la sua storia a personaggi molto stimati in quel campo come la dottoressa Thelma Moss, Kerry Geynor e il dottor Barry E. Taff.
L’equipe di studiosi iniziò le indagini a casa sua, collocandovi dei rilevatori di attività elettromagnetica, e documentando i vari fenomeni con una serie di foto istantanee (le macchine usate erano delle Polaroid). I fenomeni si susseguirono e molte testimonianze, autorevoli e attendibili, attestarono la veridicità dei portenti che avvenivano tra quelle mura: lampi improvvisi, globi luminosi che volteggiano a mezz’aria e non mancò di ripresentarsi quell’odore nauseante più volte descritto da Doris. Celebre rimane la foto di Bither, seduta sul letto, con a fianco un lungo arco luminoso fluttuante, foto che venne successivamente autenticata come vera dalla redazione scientifica di "Popular Photography".
 
 

 
 
I parapsicologi Kerry Gaynor e Barry Taff di Los Angeles, specializzati in casi di infestazione e fenomeni poltergeist, si occuparono a lungo del caso di Doris Bither. I due affermarono di aver visto strane luci, di averle fotografate con una Polaroid e di aver provato anche a filmarle con una piccola cinepresa.
Gaynor, in particolare, raccontò che, nella casa di Culver City, fu testimone di molti fenomeni tra cui l’apparizione di luci e la materializzazione di oggetti fluttuanti. Doris che, intanto, aveva iniziato a parlare di tre presenze minacciose e non più di una soltanto, mostrava lividi su tutto il corpo. Il figlio sedicenne, tentando di difendere la madre e di sottrarla al suo terrificante aggressore, riportò fratture a un braccio.
Sebbene Gaynor vide le escoriazioni e le fratture, non fu mai testimone di un attacco né fu mai in grado di vedere l’entità prendere forma, anche se le luci una volta sembrarono rivelare una testa.
Il caso fu archiviato dall’equipe dell’Università come un’aggressione da parte di entità paranormali.
 
Mesi dopo, Doris, snervata dal continuo susseguirsi di quei fenomeni terrificanti e così aggressivi nei suoi confronti, andò via da quella casa: non servì a nulla. I fenomeni perdurarono anche negli anni successivi, sebbene con minore intensità.
Doris Bither morì nel 1999, mai libera da quell’entità che l’aveva presa di mira.