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domenica 30 ottobre 2016

L'UOMO CHE CAPIVA I TERREMOTI

 
Nell'antichità si sapeva come fermare i terremoti? In Italia avevamo i Dolmen e i Menhir, ma poi la Chiesa li fece abbattere. I Dolmen e i Menhir sono tra i più antichi monumenti esistenti, databili addirittura al neolitico. I più famosi si trovano a Stonehenge, ma se ne trovano sparsi in tutta l’Europa. Ne ritroviamo molti anche in Africa e in Asia, un antico legame con terre lontane e culture diverse. Un filo sottile li unisce, una linea invisibile che si snoda e si aggroviglia per tutto il Pianeta.
Sebbene la massima concentrazione di Menhir si abbia nell’Europa Occidentale, specie in Bretagna e nelle Isole Britanniche, esistono diversi esemplari di Menhir anche in Italia. Sorprendentemente, la regione che detiene il primato della maggior concentrazione di Menhir è la Sardegna, con ben 100 Menhir sparsi sul suo territorio.
Il ricercatore Pier Luigi Ighina in un'intervista del 1990, ci diede preziose informazioni riguardo ai Dolmen ed ai Menhir: - Di questi Dolmen e Menhir in Francia è pieno, avete mai sentito in Francia un terremoto?... Da quando io son nato e ora ho 82 anni (1990) niente! In Italia c'erano, li hanno levati, per quello sono venuti fuori i terremoti... Queste cose sembrano fasulle, ma sono importantissime, perché seguono il principio del ritmo sole-terra. -
Perché in Italia queste costruzioni megalitiche vennero tolte? Per superstizione, in quanto la Chiesa li considerava templi pagani e quindi diede ordine di abbatterli, non avendone mai compreso il loro uso.
In parole semplici, per spiegarlo anche ai principianti, Ighina diceva che questi megaliti, queste grandi pietre, erano state posizionate nell'antichità con lo scopo di riequilibrare l'energia magnetica terrestre (negativa) e quella solare (positiva), perché un terremoto avviene quando c'è energia terrestre in eccesso e questa accumulandosi sotto terra, da origine appunto ai terremoti.
Così l'antica sapienza inventò i Dolmen e Menhir: i primi, con lo scopo di accumulare l'energia positiva, i secondi  con l'ovvio scopo di far fuoriuscire, attraverso l'enorme pietra a punta, ritta verso il cielo, l'energia negativa accumulata in eccesso, riportando così l'equilibrio.



Ighina da queste osservazioni, ne tirò fuori la sua famosa "Valvola dei terremoti", di dimensioni molto più ridotte ma, a suo dire, ugualmente efficace.
le sue ricerche lo avevano portato a delineare il concetto di ritmo magnetico Sole-Terra, un'ipotesi suggestiva ma che, tuttìora, resta priva di riscontri scientifici. Tutte le sue invenzioni sono basate sulla "filosofia della spirale". Questa filosofia sostiene lo studio e le applicazioni della lettera simbolica pi contenente il numero aureo e quindi il principio che tutta la materia sia pervasa di frattali in stretto collegamento psicofisico tra loro. Ighina riteneva che tramite l'applicazione di questo principio si sarebbe potuta migliorare la vita dell'uomo attraverso la costruzione di artefatti elettromagnetici.



Sosteneva, tra l'altro, grazie alle invenzioni da lui rivendicate, di poter allontanare terremoti.



Un resoconto di queste attività venne pubblicato in un libro del 1954, "L'atomo magnetico", che raccoglieva idee quali una "valvola antisismica", ipotetici metodi alternativi per la trasmissione di immagini televisive, ipotesi su come effettuare analisi del suolo in profondità, annullare radiazioni e inquinamento e produrre energia elettrica dal nulla. Purtroppo, nessuna di queste invenzioni risulta mai testata in condizioni di verifica sperimentale né brevettata: Ighina stesso, in una intervista a Report rilasciata all'età di 90 anni, affermò che tutte le volte che ha proposto a qualcuno le sue invenzioni non ha mai avuto riscontri positivi, spiegando ciò con motivazioni di natura complottistica. Ad esempio a proposito della "macchina della pioggia" Ighina disse: - Ho mandato questa idea in Africa. Sa cosa mi hanno detto? Se la prenda e la porti via perché noi guadagniamo sulla mancanza di acqua.
Ha inoltre dichiarato di non voler mai brevettare le sue invenzioni, perché: - il sapere è una cosa comune ed è giusto che venga utilizzata da tutti. -

lunedì 3 ottobre 2016

LO SPIRITO DEL VENTO - COW-BOY



Fece uno strano sogno. Sognò di un galletto che sgambettava in una pozza d’acqua. Il pennuto corse via saltellando nell’acqua bassa e sbattendo allegramente le ali. Quello stupido animale pensa di essere un’oca, pensò. Sul prato dove era arrivato arrivò della gente, molta gente e arrivarono altri polli. La gente e i polli erano una moltitudine e nel loro muoversi frenetico si confondevano tra loro, tanto che rinunciò a distinguerli.
Fu il sole a svegliarlo. Distese le braccia si sgranchì le gambe, la mente e… s’irrigidì: era all’aperto, sdraiato nella vegetazione! Si alzò dal giaciglio rilevando che aveva dormito nell’erba alta. Ma dov’era e soprattutto come c’era arrivato? Si guardò intorno: la prateria si estendeva a perdita d’occhio, un vero e proprio mare d’erba. Era in mezzo al nulla! Anche se fosse stato affetto da sonnambulismo, e non lo era, come aveva fatto a spingersi così lontano? Non c’era l’auto e non c’erano neanche strade! Stava ancora sognando: non c’era altra spiegazione. Aveva già sentito di sogni lucidi e probabilmente era solo quello: ora che sé ne rendeva conto, doveva solo svegliarsi. Già! Ma come si fa? Osservò il suo abbigliamento: era ancora in pantofole e sopra il pigiama, indossava la giacca da camera. Perché nel sogno non era vestito? Si sedette: aveva bisogno di riflettere. Anche se sembrava un sogno, non lo era: non si rimane intrappolati in un sogno. Per quanto assurda, quella era la realtà: bisognava prenderne atto e comportarsi di conseguenza. Un altro si sarebbe abbandonato alla disperazione ma Alan non era tipo da disperarsi: era stato addestrato a tirarsi fuori dai guai e quello era solo un guaio di natura diversa. Si rialzò e osservò attentamente il paesaggio circostante. In lontananza notò un filo di fumo.
 
 
Scorcio del capitolo "Cow-boy" tratto da "Lo Spirito del vento".